Osteria Dogana Vècia


PENSIERI IN LIBERTÀ:
“Okok, dimentica tutto. Come al solito non ho capito niente. Non è in Via Pallone, ma ai Filippini e non è alle 8.15 ma alle 8.45. E non siamo in tre, ma in cinque.”

Dove: Via Filippini, 3 – Verona - Tel. +39 045 800 41 89
Dai Portoni al locale: 15 min
Ragione sociale: Far tacere lo stomaco con tipica cucina veneta.
Amici: 3+3

Questa sera cena tutti insieme. Un posto esclusivo ma non troppo frequentato, con tipica cucina veneta. Dai Portoni raggiungiamo Piazza delle Erbe, svoltiamo a destra e proseguiamo fino a San Fermo; procediamo verso il Macello, costeggiando l’Adige. Poche decine di metri più avanti, subito dopo il palazzone del Canoa Club Verona intravediamo due piccole statue in vetroresina (?) raffiguranti Charlie Chaplin e il monello, che ci indicano la porta d’ingresso del locale.

L’Osteria Dogana Vècia è considerata l’osteria più antica di Verona (i muri sono del XVI secolo). Il locale si divide in due sale: quella posta all’ingresso dove abbiamo consumato la cena e una taverna con volta in mattoni, qualche gradino più in basso. L’osteria è un tripudio, un horror vacui che ti toglie il fiato. Le mura sono ricoperte di foto della Verona di una volta e lunghi scaffali sostengono le uve fermentate più o meno pregiate. Sul soffitto travi in legno riportanti frasi in dialetto dipinte a mano, mentre appesi alcuni attrezzi di lavoro. Poi grossi tavoli in marmo e poi quadri, cornici, un vecchio orologio. Anche il bagno ha un non-so-che di suggestivo. Lo specchio del lavandino, con una spessa cornice in legno scalfita a mano, è rotto in tre punti.

Ordiniamo i primi da un menù elencato a memoria da una voce baritonale. Pasta corta al radicchio rosso e pancetta, per favore. E poi, dalla cantina di Mezzane di Sotto (VR) – Tenuta Sant’Antonio, il vino dal sapore morbido e fresco, perfetto per piatti saporiti: “Sponsà”, “riposato” in veneto. Si tratta di un blend di uve della Valpollicella, Corvina, Rondinella, e di uve Cabernet fermentate in tonneaux francese per i primi sei mesi e in acciaio per il tempo restante. Ha un profumo e un sapore incredibile e si abbina perfettamente al primo, perfettamente al dente. La pasta ricade disordinata, asimmetrica sul fondo bianco e liscio del piatto, come se fosse stata rovesciata dall’alto, a ritmo di veloci mestolate in una mensa.

Tre di noi proseguono la cena con il secondo a base di polenta e pastissada de caval, che dicono essere ottimo. Terminiamo 5 su 6 ordinando il dolce: un tortino fumante ripieno di mele e uvetta, ravvivato da una spolverata di zucchero a velo e una salsa rossa, spremuta come ketchup.

Qualche chiacchiera in più e con portafoglio alla mano ci dirigiamo alla cassa. Il prezzo è di quasi 25€ a persona. Ci aspettavamo un totale leggermente più basso, soprattutto se si considera che solo la metà di noi ha ordinato anche il secondo. Per il resto, il locale merita davvero. Il servizio cortese e amichevole, suggerisce volentieri informazioni sul locale vecchia osteria. Il vino è indimenticabile e i piatti sono ben cucinati. Anche la mestolata secca dall’alto, è stata molto apprezzata. Scarabocchi di verdurine tutt’intorno al piatto l’avrebbero banalizzata, appiattendone l’anima. Ok per tutte le occasioni: nella sala erano presenti una coppia di anziani e quegli ever-present di Barbie e Ken, mentre appartati nella taverna dei butei, poco più chiassosi di noi.

Giulietta e la lezione in dialèto.


1 commento:

Andrew ha detto...

Ma no!! Andate a mangiare bene proprio quando non ci sono??